Dipendenza Affettiva

La Dipendenza Affettiva è un disagio della sfera emotiva e relazionale caratterizzato dalla centralità di un “oggetto d’amore” verso il quale il soggetto dipendente nutre sentimenti disfunzionali di esclusività. L’amore diventa ossessione e sofferenza perciò la persona si sente incapace di interrompere la relazione e fare a meno dell’altro.

Come accade per le dipendenze da sostanze e in altre dipendenze “senza droga” (internet, shopping ecc.), si evidenziano fenomeni di astinenza, assuefazione, tolleranza e di craving con conseguenze sul piano cognitivoemozionale e del comportamento.

E.M. Secci, terapeuta ad approccio strategico esperto di dipendenze, descrive la Dipendenza Affettiva attraverso 4 schemi:

  1. Dipendenza basata sul rifiuto: il rifiuto si configura come una tentata soluzione attraverso la quale la persona cerca di farsi accettare dall’altro.
  2. Dipendenza distimica: si basa sull’idea della persona di non valere nulla e di non meritare nulla.  Tendenzialmente la scelta ricade su partner svalutanti.
  3. Dipendenza da senso di colpa: il partner viene percepito come incapace e bisognoso di aiuto. Questo produce senso di colpa che genera a sua volta un circolo vizioso che impedisce alla persona di separarsi.
  4. Dipendenza compensatoria: I partner si scelgono per compensare o nascondere un problema/un segreto mai reso noto. Si tratta spesso di partner molto invischiati con le proprie famiglie di origine.

Problemi Relazionali, Bassa Autostima, Fobia Sociale, Paura del Giudizio, Disturbi di Personalità

Dal punto di vista costruttivista ognuno di noi costruisce la realtà che poi gestisce o viceversa subisce. Ciò significa che la nostra percezione delle cose costruisce la realtà dei nostri comportamenti e viceversa.

Ogni essere umano ha dunque delle modalità ridondanti (ripetitive) di percezione della realtà e di conseguenti modalità reattive (sistema percettivo-reattivo) che esprime a livello delle 3 aree fondamentali di relazione:

  • Relazione con se stesso
  • Relazione con gli altri (nella coppia, nella famiglia, ecc.)
  • Relazione con il mondo (nel lavoro, a livello sociale, ecc.)

Sulla base di queste premesse, si può affermare che un problema relazionale è l’effetto disfunzionale di un irrigidimento della modalità di percepire e reagire ad una determinata realtà, che crea disagio alla persona in una o più aree di relazione.

Risolvere un problema relazionale (di coppia, familiare, sul lavoro, ecc.) significa perciò lavorare sulle modalità di percezione e reazione che adotta il soggetto nei confronti di se stesso, gli altri e il mondo circostante.

Depressione

La Depressione è uno stato psicopatologico caratterizzato da una serie di sintomi come la diminuzione del tono dell’umore, la tristezza, prostrazione fisica, malinconia, mancanza di interesse per la vita, comunque tali da non permettere alla persona di vivere la propria vita affettiva e sociale in modo sereno ed equilibrato.

È facile confondere gli stati d’animo derivati dalla depressione da quelli che si possono provare normalmente in alcuni momenti della vita.

Sentimenti come appunto tristezza, insicurezza, stanchezza, noia, l’irascibilità, incapacità di provare piacere, sentimenti di auto svalutazione ed inadeguatezza, sentirsi incapaci, possono essere provati normalmente da ognuno di noi in fasi particolari della nostra vita, in cui accade qualcosa, come ad esempio un lutto o una separazione o comunque un grosso cambiamento. Fa parte della vita, ed è del tutto normale.

Si parla invece di stato depressivo, quando questi stati d’animo divengono costanti dentro di noi, magari senza che apparentemente vi sia una causa, oppure nonostante si conosca la causa, si abbia la sensazione di non poterne uscire.

A quel punto rivolgersi ad uno specialista competente diviene importante.

Altrettanto può succedere che uno stato depressivo venga sottovalutato, considerato normale solo perché se ne conosce la causa (es. lutto di una persona cara), oppure si tende ad aspettare sperando che “passi da solo”, rischiando così di peggiorare la situazione.

Depressione: diffusione e tipologie
In realtà è più corretto parlare di “depressioni”, in quanto ne esistono di diverse forme, non tutte della stessa gravità, e con decorsi e trattamenti diversi tra loro.
Si possono distinguere, tra le altre intermedie, forme maggiori e minori di depressione.

Nella depressione maggiore, spesso non si riesce ad individuare la causa o l’evento scatenante, e tra le depressioni è la forma più intensa.
La persona prova un profondo senso di impotenza, di vuoto interiore, può risultare apatica, ha difficoltà a dormire (o al contrario rimarrebbe sempre a letto), si sente stanca, si muove lentamente e fatica a parlare, pensa spesso alla morte e al suicidio, si sente vittima della vita.

Le forme minori sono invece solitamente riconducibili a motivazioni interiori della persona, ai suoi conflitti.
Tra i sintomi possono esserci pessimismo e lamentosità, ansia, autocommiserazione.

Attacco di panico

L’Attacco di panico è un episodio improvviso di intensa paura in cui la persona avverte un senso di pericolo o di catastrofe imminente. La persona sente la necessità di allontanarsi immediatamente dal luogo in cui si trova.

L’attacco raggiunge il suo apice in meno di 10 minuti e la fase acuta può durare dai 15 ai 30 minuti.

Il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP) è caratterizzato da 4 o più dei seguenti sintomi:

  • sudorazione, palpitazioni, tremori, brividi, vampate di calore
  • sensazione di soffocamento o asfissia, dispnea (difficoltà nella respirazione)
  • dolore al petto, nausea, vertigini, sensazione di avere la testa vuota
  • paura di impazzire, paura di morire
  • derealizzazione (alterazione della percezione del mondo, che appare strano o irreale)
  • depersonalizzazione (sensazione di distacco dal proprio corpo).

L’attacco di panico, soprattutto quando si ripete più volte, può portare la persona ad autolimitarsi in vari modi, (può evitare di andare nei luoghi in cui pensa che l’attacco si possa ripetere, o aver paura di andare al supermercato, di guidare o di trovarsi in mezzo alla folla), può succedere quindi, che all’attacco di panico (se non trattato), porti la persona a non uscire più di casa se non accompagnata da qualcuno e può portare ad altre fobie come la fobia sociale o l’agorafobia.

Disturbi d’Ansia

L’ansia è un fenomeno del tutto normale in quanto è un’emozione che prepara ed attiva l’organismo in situazioni che potrebbero essere pericolose.
Diviene invece un disturbo emotivo spiacevole quando lo stato di allarme e paura è “esagerato” rispetto ai reali pericoli o se i pericoli non ci sono affatto.
In questo caso l’ansia non è adattiva, ma diventa un problema che può rendere la persona incapace di controllare le proprie emozioni e di affrontare anche le situazioni più semplici.

Il disturbo d’ansia può essere un disagio psicologico a sé stante oppure un sintomo di altri disturbi psicologici (ad es. depressione).

Può manifestarsi a livello emotivo come attesa con apprensione, preoccupazione ed insicurezza, anticipazione di eventi negativi, e a livello somatico con aumento del ritmo cardiaco, sudorazione, spasmi muscolari, pallore, tremori, vertigini, e nei casi più estremi reazioni di fuga, immobilizzazione, sensazione di soffocamento o di costrizione toracica.

I disturbi d’ansia sono tanti, ne elenchiamo alcuni:

Attacchi di panico: episodi brevi e improvvisi di ansia e terrore caratterizzati da sensazione di soffocamento, dolore al petto, paura di morire o di perdere il controllo.

Fobia: paura estrema e non razionale nei confronti di situazioni od oggetti che non sono in realtà pericolosi per la persona.
Esistono diversi tipi di fobia, i principali sono: Agorafobia; Fobia sociale; Claustrofobia; Ipocondria; Araconofobia; Ornitofobia.

Fissazioni ossessive / ossessioni: pensieri intrusivi ricorrenti (Ossessione del contagio, di poter far male a qualcuno, del cibo).

Disturbo ossessivo-compulsivo: caratterizzato da idee fisse ed irrazionali e da comportamenti ripetitivi o azioni mentali con lo scopo di prevenire o ridurre uno stato d’ansia.

Disturbo acuto da stress: sensazioni di ansia e sintomi dissociativi (per meno di un mese) dopo che la persona ha vissuto un evento traumatico (aggressione, rapimento, violenza, disastro, morte di un familiare …).

Disturbo post-traumatico da stress: sensazioni di paura ed orrore persistenti nel tempo (per più di un mese) dopo che la persona ha vissuto un evento traumatico (aggressione, rapimento, violenza, disastro, morte di un familiare …).

Disturbo d’ansia generalizzata: stato permanente di allarme senza che vi sia un reale pericolo e paura che succedano cose negative.

Disturbo da accumulo (disposofobia): paura di buttare, di disfarsi degli oggetti.

Disturbo Ossessivo-Compulsivo

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è un disturbo d’ansia in cui la mente è invasa da pensieri persistenti ed incontrollabili (ossessioni), o in cui la persona è spinta irresistibilmente a ripetere di continuo certi atti (compulsioni); ne conseguono un notevole disagio psicologico e una rilevante interferenza con le attività della vita quotidiana.

Ossessioni: idee fisse e irrazionali, pensieri o immagini costanti e impulsi inappropriati che la persona non riesce a controllare nonostante si renda conto che sono frutto della sua mente.

Le ossessioni solitamente riguardano la paura di venire contaminati, di non aver controllato a sufficienza se le porte sono chiuse, se la luce ed il gas sono spenti, se il rubinetto gocciola, oppure riguardano la paura di avere comportamenti aggressivi, di aver offeso qualcuno, di essere omosessuale.

Altre ossessioni possono riguardare l’ordine eccessivo (ad es. mettere tutti gli oggetti in fila per colore o dimensione).

Compulsioni: sono comportamenti ripetitivi o azioni mentali (detti anche rituali o cerimoniali) che hanno lo scopo di neutralizzare e ridurre l’ansia che l’ossessione ci sta’ provocando.

Quindi, se ad esempio la mia ossessione mi porta a pensare che forse non ho chiuso la porta di casa, controllerò più e più volte di averla chiusa, ed anche quando dopo aver controllato mi sono allontanato da casa, tornerò indietro per controllare un’ultima volta (compulsione di controllo).

Se ormai mi trovo troppo distante e non posso più tornare indietro, allora posso contare per 10 volte fino a 30 e sicuramente la porta di casa sarà chiusa, o almeno avrò un po’ meno ansia (compulsione mentale).

Altre compulsioni possono essere: lavarsi spesso le mani, contare, soffiare, ripetersi parole ecc. Spesso la persona riconosce che le sue azioni sono irragionevoli ma non riesce a resistergli.